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  • Immagine del redattoreGiuseppina Tranchilla

Primavera



"Marzo è mese di semine e di vento. Nubi alte e stratificate appiattiscono il cielo all'orizzonte. Sono bastimenti che vengono da lontano recanti nell'aria mesaggi di rinascita e di rivoluzione.

A marzo il sole si rammenta come asciugare la terra e il giorno inizia a prendersi la sua rivincita sulla notte. Allora, cautamente, si può sprimacciare il terreno per dare un cuscino morbido ai nuovi semi."

Humus, B. Bonavita


E così comincia questa storia, con le parole di Bianca Bonavita che saluta le prime timide incursioni di questo nuovo sole.

Diario di Terra è il racconto del nostro operare, con l'anima e la passione che la parola meraki contiene in germe, con la laboriosità delle formiche che tornano a sgranchirsi le zampette e la lentezza elegante delle lumache, a farci compagnia.

Oggi, seminiamo i nostri olioliti - a base di olio di semi di girasole e di olio extravergine di oliva (rigorosamente bio e ottenuti dal processo di spremitura a freddo)- che saranno pronti a venire filtrati in circa quaranta giorni.

La primavera si è affacciata un po' prima quest'anno e sull'essiccatoio giacciono già i primi fiori di rosmarino e di camomilla e le foglie di malvarosa, menta e salvia, raccolte da pochi giorni. Attendono la terra i semi di anice e di borragine e le piantine di Aloe Vera, Melissa e Malva selvatica.


Con le etichette sui barattoli, riempiti di olio fino all'orlo, facciamo spazio ai fiori che stanno per tornare e attendiamo irrequiete la quaresima, che ci darà il nettare oleoso consegnatoci dalla terra per prenderci cura dei nostri corpi e delle nostre menti.


La terra resta la terapia più nobile che ci è concessa, nel mare metropolitano che abitiamo e che ci abita pure da lontano. I tralicci e i suoni distanti delle autostrade invadono la rotta dei canti e delle migrazioni degli uccelli, l'asfalto regola sregolato il ritmo con cui il verde si distende e, lontano dai suoi bordi, discariche abusive e rifiuti tossici incontrano corsi d'acqua ormai quasi prosciugati; eppure la tecnica onnicomprensiva e umanocentrica in cui annaspiamo presenta pur sempre delle vie di fuga. E' lì che ci collochiamo, in quei fazzoletti di terra dimenticati, non contaminati, da dove, per uscire, occorrono ore infinite e immotivate, un varco da attraversare non senza destabilizzazione, autobus che arrancano su di un manto stradale mezzo sterrato, che tuttavia ci confina e protegge. Nei fazzoletti di terra, si apre il mondo che scegliamo di abitare.

Non siamo in aperta campagna, no. Non più. Ma resistiamo, in una forma di vita paracontadina, eternamente distratta dalle tentazioni consumistiche e inquinanti che prima della nostra nascita hanno comprato questi luoghi; luoghi che ancora chiamiamo flegrei, perchè ancora puzzano di zolfo ardente, che aspetta la sua ora per vendicare un sopruso. Tra il fiume Sebeto e il monte Cuma ebbe luogo la mitica battaglia tra i Giganti, figli di Era, e gli dèi, alleati di Zeus. Qui giacciono le membra dei primi, sconfitti dai secondi, grazie all'aiuto di alcuni eroi mezzi umani. L'abomineo di cui gli elleni e il loro strascico umanista sono stati capaci, ha chiamato "Giganti" i popoli che qui risiedevano prima di loro, di altra stirpe e religione, che vivevano al ritmo delle fasi lunari e veneravano Madre Terra più di tutte le creature.

A recupero di una memoria non tramandata, iniziamo questo nostro viaggio dal nome greco, per non dimeticare di essere solo delle archeologhe occidentali. La Sibilla, che pure abitava qui da prima delle antiche invasioni, ispira le nostre visioni, portandoci per mano a comporre intrugli e immortali magie.


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